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La scelta di non usare calcoli in colonna in classe seconda

 


È cosa nota da tempo che una differenza tra studenti che presentano prestazioni scolastiche buone in matematica e studenti con scarso rendimento è dovuta al fatto che chi presenta buoni risultati pensa il numero in maniera più flessibile. Se chiediamo ad esempio di sommare 7 e 19, la flessibilità è data dal vedere all’operazione in termini differenti, per esempio immaginandola come la somma di 6 e 20 o, ancor meglio, di 20 e 6.

Nello studio di Grey e Tall (1994) viene riportato un dato che a mio avviso dovrebbe far riflettere molto. I bambini con buone prestazioni matematiche, se messi di fronte ad una somma da calcolare, tendono ad usare un 30% di fatti a loro noti (cioè fatti recuperati dalla memoria), solo in un 9% dei casi si appoggiano al puro conteggio partendo da un numero ed arrivando a sommare solo la seconda cifra, e nel 61% dei casi sfruttano il loro senso del numero per arrivare alla soluzione, utilizzando soluzioni flessibili come quella riportata nell’esempio.

Studenti con scarso rendimento presentano invece un quadro ribaltato: si appoggiano solo per un 6% a fatti noti, in un 72% dei casi contano partendo da un numero ed aggiungendo l’altro a disposizione, e solo nel 22% dei casi riescono a contare tutto; e in nessun caso, negli esperimenti fatti, hanno utilizzato il proprio senso del numero per giocare in modo flessibile con le cifre a disposizione.

Quando gli studenti lavorano con gli algoritmi prima che li abbiano capiti e interiorizzati, ricorrono automaticamente alla memorizzazione e tendono a non sviluppare la capacità di pensare al numero in modo flessibile. 

L’approccio “teoria ed esercizi”, in cui si trova la regola e poi giù serie di esercizi per applicarla, è proprio il manifesto di un modo procedurale di insegnare la matematica che non nutre il senso del numero e non aiuta a sviluppare la flessibilità. Al contrario secondo Gray e Tall conoscenza “concettuale” e “procedurale” dovrebbero interagire di continuo, perché sono parte della stessa cosa. E, ancor di più, oltre agli esercizi, che lavorano sugli automatismi, la didattica matematica dovrebbe proporre ai bambini problemi, come mostrano Di Martino e Zan (2019) nel loro ultimo libro: “Nel primo caso l’individuo ha già a disposizione una procedura per raggiungere la meta, nel secondo no. (…) Nel caso del problema è necessario un comportamento strategico”.

Lo scorso anno ho avuto la fortuna di insegnare in un ambiente per me ricco e stimolante, con colleghe "parallele" con cui condividevo una profonda idea di base della matematica. Avevamo tre seconde (una a testa) e spesso condividevamo l'approccio didattico da attuare in classe. Fin da subito è stato chiaro a tutte che il libro di testo, ricevuto in eredità, non sarebbe stato d'aiuto e abbiamo deciso di non introdurre, per tutto l'anno scolastico, alcuna operazione in colonna. Il lavoro fatto è andato nella direzione di nutrire il senso del numero di cui ho parlato sopra, lavorando con strumenti e problematizzando i nuovi concetti: la moltiplicazione attraverso i rettangoli, le operazioni con le cannucce e tanti giochi matematici grazie a strumenti vari inventati e costruiti insieme.

Concludo con il famoso video di Daniela Lucangeli che ci ricorda che per non affogare nei numeri occorre insegnare Intelligenza Numerica:

"𝐒𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐧𝐞𝐢 𝐝𝐨𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐠𝐢𝐮𝐬𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐢 - 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐝𝐨𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐍𝐎𝐍 𝐝𝐢 𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐢𝐧 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐝𝐮𝐫𝐞 - 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐝𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐢 𝐢𝐧𝐝𝐞𝐛𝐨𝐥𝐢𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨."

"Fare 𝐨𝐫𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝐞 𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐥𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚 𝐥'𝐢𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐢𝐜𝐚."


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